mercoledì 1 maggio 2013

LA CASA SULLA COLLINA di Paolo Secondini

 
Nessuno in paese sapeva a che anno datasse la casa in cima alla collina. Tutti - persino i più vecchi degli abitanti - ricordavano averla veduta, bambini, nello stato attuale d’abbandono e decrepitezza.
Di solito se ne parlava come qualcosa di un’epoca passata. E qualcuno giurava che avesse cent’anni o forse di più, o che fosse esistita da sempre, eretta in secoli antichi e ristrutturata nel tempo.
Congetture, ovviamente!
Neanche era noto di chi, quella casa, fosse all'inizio. Si conosceva soltanto l’ultimo inquilino, che un giorno era sparito all’improvviso, come avesse deciso di trasferirsi in altro luogo, senza però che qualcuno lo avesse saputo né visto traslocare.
Voci di mistero presero a circolare sulla casa in cima alla collina: voci insistenti che fosse stregata, maledetta, infestata da fantasmi... di sicuro fantasmi di quanti l’avevano abitata ed erano scomparsi, uccisi da orribile mostro.
Ma chi in paese poteva giurare che le cose stessero proprio così?
Nessuno!
Nessuno del resto era salito sulla collina - per paura di maledizioni, incantesimi o altro di peggio - ad appurare che quanto si raccontava fosse vero.
Un fatto però era certo: sebbene abbandonata, la casa mostrava periodicamente risvegli di vita, come il fumo che molti vedevano uscire dal comignolo. Probabilmente qualche barbone o viandante, trovandovi grato rifugio in giorni di pioggia o di freddo, accendeva un bel fuoco per asciugarsi, riscaldarsi o semplicemente cucinarsi qualcosa. O forse - altri giuravano - era il fuoco che vi giungeva direttamente, per condotti segreti, dalle viscere fonde dell’Inferno.
Non poteva essere diversamente, dal momento che la comparsa del fumo era spesso accompagnata da strani rumori indecifrabili, ma talmente forti da essere uditi in paese: prova sicura dell’ira di demoni maligni.

* * *
Fu deciso un giorno di svelare il mistero.
Armati fino ai denti - coltelli, pistole, fucili - molti degli abitanti del paese giunsero in cima alla collina e, entrati di forza nella casa... restarono immobili, muti, le bocche dischiuse, gli occhi sbarrati dall’orrore.
Un mostro - come si sospettava - aveva colpito di nuovo uccidendo un ragazzo il cui corpo, in posa del tutto innaturale, giaceva per terra fra polvere, sporco e cianfrusaglie.
Chi fosse la vittima non si sapeva: nessuno l’aveva mai vista. Una cosa era certa: non era un abitante del paese.
«Guardate!» fece uno additando qualcosa sul povero corpo.
Tutti volsero gli occhi e una esclamazione di stupore sfuggì dalle bocche.
Una zanna del mostro – cilindro, stantuffo e ago di metallo - era rimasta conficcata nel braccio del ragazzo.

3 commenti:

  1. Suggestiva atmosfera per questa narrazione che usa i canoni psicologici della paura soprannaturale per alludere a mostruosità ben più quotidiane e tragiche.

    Giuseppe Novellino

    RispondiElimina
  2. Molto bello. Sembra iniziare in un luogo remoto mentre invece, alla fine, ci rendiamo conto di trovarci di fianco a casa.

    Sauro Nieddu

    RispondiElimina
  3. Grazie, Giuseppe e Sauro, dei vostri commenti lusinghieri. Sempre, per chi scrive, essi sono un vero toccasana.

    RispondiElimina