
L’arrivo del Circo Pivetta nel piccolo paese di
Oppeano, fu salutato come un evento grande e importante.
Gli acrobati, i clown, le belle ragazze con le gambe
scoperte... Tutti ne parlavano e tutti volevano andare a vedere.
Anche mio cugino Luigi fu preso dall’entusiasmo e
aspettava con impazienza quel momento. Aveva progettato di andare al
circo mercoledì, ma il prolungarsi del lavoro in stalla non lo
consentì.
La sera successiva anticipò i tempi: rifece le lettiere
di paglia per le mucche, finì la mungitura e diede il latte ai
vitelli. Poi corse in casa e guardò l’orologio. Quasi le dieci;
era in ritardo. Neanche il tempo di togliersi la tuta e gli stivali,
perchè un’occasione come quella non si sarebbe più ripetuta.
La fattoria è fuori paese e la strada è lunga. Ma
Luigi prende la scorciatoia attraverso i campi di miglio per arrivare
prima. La notte di Giugno chiara e profumata, facilita il cammino.
Luigi salta un fosso, arriva alle prime case e finalmente la piazza
appare illuminata fiocamente. Al centro sorge il circo: un tendone
piccolo ancorato alle funi e contornato di lampadine colorate.
Quando Luigi può entrare, lo spettacolo è già
incominciato e lui siede sulle panche dell’ultima fila. Proprio in
quel momento il Direttore del circo, un uomo anziano, alto con un
cappello a cilindro, annuncia un difficile e pericoloso esercizio
di equilibrismo.
La ragazza, non più giovanissima, entra a passo di
danza con gonnella corta e braccia nude. Sale una scaletta; arrivata
su una piattaforma apre un ombrellino e cammina attraverso il
percorso: una tavola di legno stesa fino alla piattaforma del lato
opposto.
La ragazza si muove con grazia e ancheggiando cammina
sulla tavola fino lato opposto. Il pubblico applaude con ammirazione;
Luigi invece, un po’ deluso, protesta ad alta voce:
“Tutto qui? Ma è facilissimo. Chiunque ci
riuscirebbe...”
Gli spettatori davanti si voltano e gli impongono di
fare silenzio. Il Direttore si fa avanti e annuncia un nuovo numero:
due pagliacci che litigano per dividersi una sigaretta. Segue il
giocoliere che lancia in aria palle e birilli; infine i cavalli...
A mezzanotte lo spettacolo è terminato e gli spettatori
si alzano per uscire. Sul basso palco di legno il Direttore fa dei
gesti e chiama qualcuno. È un uomo alto, con gilè nero, pantaloni
attillati, tuba in testa e fa cenno a Luigi di avvicinarsi.
Mio cugino è stupito e intimidito, ma il Direttore
insiste:
“Sì, proprio lei. Venga, venga avanti. Non le è
piaciuto lo spettacolo?”
Luigi è imbarazzato. Evidentemente prima ha parlato
troppo forte e il Direttore lo ha sentito. Prova a giustificarsi:
“Sì! Bello... i costumi... i cavalli... ma non mi
pare giusto imbrogliare il pubblico. Si vedeva bene il trucco
dell’acrobata che camminava su una tavola di legno...”
Il Direttore pare sorpreso:
“Ma lei, scusi, che lavoro fa? E da dove viene?”
“Ma lei, scusi, che lavoro fa? E da dove viene?”
“Faccio il bovaro e vengo dalla fattoria fuori paese.
Appena finito il lavoro sono partito senza cambiarmi e ho
attraversato i campi per arrivare in orario.”
“Campi? Scusi, quali campi?”
“Campi? Scusi, quali campi?”
“I campi di miglio.”
Il Direttore ha un leggero sorriso:
“Ah, capisco... Si tolga gli stivali, per favore...”
Dopo un attimo di imbarazzo Luigi si sfila gli stivali e
li capovolge facendo uscire i granelli di miglio che lo
infastidivano. Mentre li indossa così ripuliti, il Direttore gli
suggerisce:
“Guardi lassù. Guardi là in alto. Che cosa vede?”
“Guardi lassù. Guardi là in alto. Che cosa vede?”
Luigi è confuso e risponde con voce emozionata:
“... un... filo... teso...”
“... un... filo... teso...”
Il Direttore ha un sorriso enigmatico e spiega a bassa
voce:
“Il miglio negli stivali le ha fatto vedere la realtà delle cose... che stanno dietro alle apparenze.”
“Il miglio negli stivali le ha fatto vedere la realtà delle cose... che stanno dietro alle apparenze.”
(Per gentile concessione
dell’Autore)
Interessante racconto, scritto con semplicità e immediatezza. Sembra la narrazione di un fatto realmente accaduto che si perde nella menoria. Unico difetto: non mi piace tanto la spiegazione dal tono un po' didascalico contenuta nell'intervento finale.
RispondiEliminaGiuseppe Novellino