Un guizzo di luce e
Andrea Okka si materializzò nella stanza del teletrasporto.
─ Anche stavolta è
andata. ─ disse.
L'astrocamper aziendale
della Lavinia Assicurazioni lasciò l'orbita di Blaned, specchiandosi sui
frammenti di ghiaccio che componevano il Grande Anello del pianeta.
Okka appoggiò in terra
la valigetta e fischiò.
Dalla palestra di
fronte, sentì uno strepitio di unghie sul pavimento.
─ Ciao Rolf ─ disse
tendendo le braccia ─ hai fatto il bravo?
Era rimasto chiuso nella
palestra per tutto il giorno. Okka lo teneva sempre lì quando si
teletrasportava nei vari mondi per lavoro. Aveva paura che andando in giro per
l'astrocamper, potesse danneggiare qualche apparecchiatura di bordo.
Il pastore tedesco gli
abbaiò due volte e gli si appoggiò sulla pancia con le zampe anteriori.
Okka prese di tasca un
biscotto e glielo porse, accarezzandogli la testa.
─ Cuccia adesso, tra
poco si cena.
Andrea Okka si tolse la
cravatta, si slacciò il bottone del colletto, e si sedette davanti alla
scrivania.
Accese il portatile e
scaricò i dati delle quietanze dell'ultima settimana, poi inviò un rapporto
all’agenzia sulla Terra.
Sorseggiò dell'orzo
caldo e iniziò a spogliarsi.
Programmò la temperatura
dell'acqua sui trentuno gradi, poi entrò nel box doccia e si insaponò,
fischiettando un antico pezzo degli AC/DC.
Il box profumava di un
miscuglio di bagnoschiuma e shampoo dalle fragranze silvestri. Si stava lavando
via tutta la tensione della giornata e quella del breve viaggio di ritorno
sull’astrocamper.
Infilatosi un
accappatoio azzurro, con i piedi nudi ancora bagnati si diresse verso la
plancia di comando.
Il locale s’illuminò al
suo ingresso, mentre si stava asciugando il collo con un asciugamano.
Rolf lo seguì
scodinzolante, accucciandosi in un angolo sotto lo schermo visivo esterno.
Okka si sedette sulla
poltrona di comando e impartì alcuni ordini vocali.
─ Rotta 547.99.
─ Rotta 547.99. ─ ripeté
una passionale voce femminile ─ Rientro stimato: un anno e ventuno giorni.
Uscì dalla plancia
salutato dalla voce calda del computer, e seguito da Rolf.
─ Buon ipersonno,
signore.
─ ‘Notte Lisa.
Okka si avvicinò alla
camera di Animazione Sospesa e digitò su uno schermo touchscreen la data
dichiarata dal computer.
Si tolse l'accappatoio e
s’infilò un paio di boxer rossi con sottili righe bianche e una canottiera blu
con il logo della Lavinia sul petto.
─ Ultimo viaggio,
vecchio mio. ─ disse al cane, poi lo fece entrare nel compartimento di
sospensione e lo baciò sulla testa. Rolf si raggomitolò con il muso sotto la
coda, e la calotta di plexiglass si chiuse in automatico sopra di lui.
A sua volta Okka entrò
nel proprio comparto aspettando un attimo prima di stendersi. Diede un'ultima
occhiata al cane poi si sdraiò.
La calotta si chiuse con
un sibilo smorzato.
Sentì subito il tepore
che lo avrebbe accompagnato verso uno stato di assopimento, prima che il
sistema lo avesse trasformato in un pezzo di ghiaccio.
Okka pensò alla casetta
in collina sulla Terra, vicino al torrente e al bosco di pini. Pensò a Rolf, e
al tempo che avrebbero trascorso insieme, lui a pescare e l'altro a inseguire
rane. Okka pensò alla pensione che lo aspettava.
Voltò la faccia verso il
monitor. Mancavano circa trenta minuti prima che il sistema di
crioconservazione si attivasse.
Prese il tablet dalla
tasca interna del comparto e navigò in rete, guardando le ultime notizie su
quello che stava accadendo sulla Terra.
“Hanno finito di darsele”
pensò. “era ora.”
Sul monitor c'era la
foto del dittatore sudamericano Mezcal che stringeva la mano al collega, sotto
il titolo ‘Pace tra Papaguay del nord e Papaguay del sud.’
Sfogliò le pagine
virtuali leggendo altre notizie.
‘Ancora problemi con le
nuove cabine di teletrasporto. Gravissimo un altro operatore.’
Okka si destò per un
momento dal torpore e si concentrò sull’articolo. Anni fa il fratello era morto
proprio in simili circostanze.
─ Basta. ─ disse ─ Non
ci voglio nemmeno pensare.
Chiuse il browser e aprì
l’applicazione del libro elettronico.
Lesse tre capitoli del
romanzo che aveva iniziato prima di scendere su Blaned. Poco dopo, il sistema
si mise in moto con una lieve vibrazione del comparto di sospensione.
Nel compartimento
entrarono degli spifferi di aria calda, mescolati a una sostanza narcotizzante
dall'odore di mentolo. Le palpebre iniziarono a calargli sugli occhi.
Rimise il tablet nella
tasca e si preparò al lungo letargo.
Le orecchie gli si
tapparono, e prima di cadere nell'oblio poteva sentire il proprio petto che
andava su e giù sempre più piano.
─ Notte Rolf.
L'astrocamper doppiò i
pianeti Spelta e Triticum, ultimi baluardi della galassia di Andromeda, prima
di entrare nella Via Lattea.
***
Okka fu svegliato dalla
voce del computer di bordo e da una leggera vibrazione sotto il corpo.
Allungò le gambe tirando
un lungo sospiro. Stirò la bocca e inarcò le labbra in un sorriso.
Guardò il monitor. Tra
otto minuti il sistema avrebbe sbloccato la calotta.
─ Sono a casa. ─ pensò.
Sentiva lo stomaco pieno di farfalle.
Si stropicciò gli occhi,
poi con l’unghia del mignolo si tolse le caccole dagli angoli.
Portò le mani dietro la
nuca e osservò il soffitto bianco della stanza. Schioccò la lingua. Sentiva un
sapore amarognolo in bocca.
“Cos'avrò mangiato a
cena?” pensò, riferendosi al pasto di oltre un anno prima.
Mentre ci pensava
fischiettando un vecchio riff dei Van Halen, un forte colpo sulla calotta di
plexiglass gli fece fare un sobbalzo. Il cuore gli batteva forte, fino a fargli
male al petto.
─ Rolf? ─ disse.
“Come diavolo ha fatto a
uscire prima di me?” pensò.
Ogni volta che il cane appoggiava le zampe sulla
calotta, Okka sentiva il comparto tremare.
Il cane andava e veniva.
Quando gironzolava per la stanza, Okka poteva vederne solo la punta della coda
dimenarsi a destra e a sinistra.
Un altro forte colpo.
─ Basta Rolf. ─ gridò ─
Giù, a cuccia.
Guardò il display.
Quattro minuti e dieci secondi all'apertura.
Vide la coda del cane
che usciva dalla stanza.
─ Rolf, torna qua. ─
ordinò. Temeva che potesse andare a far danni sul ponte di comando.
Flashforward
Rolf scodinzolò fino in plancia e mise le zampe sul pannello
di controllo dell’astrocamper. Guardava il pianeta Terra dal display e gli
abbaiava contro, pestando una serie di pulsanti.
“Rotta revocata. Prego inserire nuovi dati.” disse la voce
sintetica ma calda di Lisa.
Ancora latrati.
“Problemi di coordinate. Inserito pilota automatico di
emergenza.”
“Nuova rotta ignota.”
─ Rooolf!
Okka scosse la testa per
scacciare via il pensiero. Era così tanta la voglia di tornare a casa, che
nella testa gli arrivavano improvvisi flash negativi.
─ Rolf. Rolf.
Un guaito provenne
dall'ingresso della stanza.
─ Vieni qua, Rolf. ─
ordinò.
Il cane arrivò
scodinzolando e si appoggiò con le zampe sulla calotta.
─ A cuccia là. A cuccia
là. ─ disse perentorio.
Il cane andò in un
angolo e con un mugolio si mise a sedere. Okka poteva vedere la testa e metà
busto.
─ A cuccia giù. ─ disse.
Vide la testa
abbassarsi.
─ Rimani lì, capito? Lì.
Okka gonfiò il petto e
buttò fuori un bel po' d'aria.
─ Cavolo.
Chiuse gli occhi e
inspirò un paio di volte.
Guardò il monitor. Dieci
secondi all'apertura automatica. Nove, otto, sette...
Il cuore di Okka
sembrava voler sfondare lo sterno. Guardava il monitor con i numeri rossi che
cambiavano forma. I capelli sudati avevano formato una chiazza bagnata sul
cuscino.
Tre, due, uno. Cla-clack.
La calotta non si
sbloccò.
Okka trattenne il
respiro.
Guardò di nuovo il monitor.
C’erano una sfilza di zero che lampeggiavano. Si sarebbe dovuta aprire.
Appoggiò i palmi delle
mani sulla calotta di plexiglass e provò a farla scorrere a mano.
Non si muoveva. Okka la
fissò con la bocca spalancata e gli occhi stravolti che gli uscivano quasi
dalle orbite.
─ No. Non è possibile.
No. No.
Un avviso acustico
precedette la voce di Lisa.
“Sistema in attesa di
disposizioni.”
Okka sbatté i pugni
sulla plastica infrangibile, poi si passò le dita nei capelli.
─ Così non va, Andrea ─
disse a se stesso ─ così peggiori solo le cose.
Aveva un vago sapore
metallico in bocca.
"Dev'essere stato
Rolf col suo peso." pensò.
─ Computer. ─ gridò. ─
sperando che il sistema potesse captare la sua voce anche da quella distanza.
─ Computer. Maledizione.
Ancora l’avviso
acustico.
“Sistema in attesa di
disposizioni.”
─ Inutile ─ disse ─ il
computer non può sentirmi da qui.
Osservava la pulsantiera
di apertura e chiusura della calotta sulla paratia di fronte a lui.
Aggrottò le sopracciglia
e imprecò contro l'ingegnere che aveva progettato quello stupido sistema di
sblocco.
─ Perché solo fuori?
Perché non dentro, anche? ─ ringhiò ─
Maledetto figlio…
Rolf si rimise a sedere
e guaì.
Okka spostò la testa
avanti e indietro, in su e in giù alla ricerca di qualche possibile soluzione.
Poi si girò verso Rolf, che lo guardava con la lingua fuori e la testa piegata
da un lato.
─ Rolf, bello.
Il cane drizzò le
orecchie e ritirò la lingua.
Quello che aveva in
mente Okka era pazzesco, ma che altro poteva fare?
L’uomo poteva vedere
sopra la punta dei suoi piedi, il pannello del compartimento inserito nella
paratia di fronte a lui. Era un sistema semplicissimo: un pulsante rettangolare
verde per sbloccare le calotte e uno giallo per chiuderle. Ce n’era uno di
fronte a ogni comparto di sospensione.
“Come posso farglielo
capire?” si domandò Okka, stropicciandosi la bocca con la mano.
Non c’era molto tempo;
sapeva che l’astrocamper non era entrato nell’orbita terrestre, e senza nuovi
dati sarebbe andato alla deriva nello spazio.
─ Rolf ─ disse ─ spingi
il pulsante verde.
Cercava di fare dei
segni con le dita.
─ Quello là, Rolf.
Appoggiati sopra.
“Inutile” pensò “non può
capire.”
Il pastore tedesco tirò
di nuovo fuori la lingua.
Okka si stropicciò la
faccia con le mani.
─ Niente. Niente.
Batté un pugno sul lato
del plexiglass.
─ Come posso…? ─ aspirò
con la lingua appoggiata contro denti ─ Appoggia la zampa sul pulsante verde. ─ scandì.
Rolf rimase fermo al
proprio posto e rispose con un latrato.
─ Spingi quel pulsante, idiota.
─ gridò.
Il pastore tedesco si
alzò. Okka vide la punta della coda passare sotto la pulsantiera.
─ Dai bello, dai.
La oltrepassò e si avvicinò a una porta
scorrevole chiusa.
Okka la vide aprirsi e poi
richiudersi dopo che il cane vi entrò.
─ è andato a pisciare. ─ disse.
─ Rooolf.
Okka urlando prese a
pugni la calotta.
─ Così è peggio, così è
peggio. ─ disse rimproverandosi.
Avviso acustico.
“Attenzione. Il sistema
ha bisogno di nuove coordinate per l’avvicinamento all’atmosfera terrestre.”
Urlò ancora contro il
cane, ma il tono della voce non era più forte come prima. Gli bruciava la gola.
La porta del bagno si
aprì e Okka vide la punta della coda dondolare a destra e a sinistra. Rolf andò
ad annusare qualcosa in palestra, poi tornò in plancia.
─ Vieni qua. ─ gridò con
voce rauca.
Il cane passò proprio
nel punto dove i sensori si incrociavano.
“Buongiorno, signore.”
Okka iniziò a fischiare
verso l’animale.
─ Vieni Rolf, vieni. ─
Questa volta non gridò.
Non vide nessuna coda.
─ Rolf Rolf Rolf ─ disse
─ Rooolf.
Iniziò di nuovo a
prendere a pugni la calotta, ma questa volta usò anche le ginocchia e i piedi.
─ Apriti carogna
schifosa.
Okka si fermò. Grondava
di sudore. Guardò il pulsante di sblocco lì a due passi, e lui prigioniero
dentro quella bara.
─ Inutile ─ farfugliò
sottovoce.
Segnale acustico.
“Box liberi. La
decompressione antibatterica inizierà tra cinque minuti.”
La faccia di Okka si
fece pallida come se gli avessero succhiato litri di sangue. I comparti si
auto-pulivano quando il periodo di ibernazione era stato completato. Quegli
urti dovevano aver danneggiato i sensori interni. Il computer pensava che il
compartimento di sospensione fosse vuoto.
Presto sarebbe mancata
l'aria lì dentro.
─ Rolf, dannazione. ─
disse con voce rauca ─ Vieni qui. Rooolf.
La punta della coda
comparve alla sinistra del box e sparì dietro la testa di Okka, per ricomparire
alla sua destra. Il cane tornò nell’angolo e si sedette guardando il padrone.
Flashforward
─ Rolf, per l’amor del cielo, metti le zampe su quel bottone.
là. ─ disse indicando con entrambi
gli indici la pulsantiera.
Il cane si alzò e andò ad appoggiare le zampe sulla calotta.
Okka poteva vedere i cuscinetti scuri sopra il plexiglass.
─ Metti le zampe là. là.
─ Sbatteva i piedi contro la calotta, in direzione della maledetta pulsantiera.
Rolf scese. La punta della coda andò verso la paratia, poi
si fermò.
Il cane lupo si alzò su due zampe, con quelle anteriori che
andarono ad appoggiarsi sul pulsante verde. La calotta scorse indietro quando
mancavano dieci secondi alla decompressione.
Le mani di Okka si aggrapparono ai bordi.
─ Bravo cane. ─ gridò ─ Bravo cane.
Gli sarebbe piaciuto. E
invece.
“Decompressione box in corso.”
Okka iniziò a sentire
l’aria sempre più rarefatta.
Prese di nuovo a pugni e
calci il plexiglass, e mentre si dimenava urlava.
Rolf, vedendo il padrone
in quelle condizioni, iniziò a mugolare e girare su se stesso. Corse in
plancia, poi in bagno e ancora di nuovo in plancia.
“Buongiorno, signore.”
“Buongiorno, signore.”
Ritornò abbaiando nella sala
di Animazione Sospesa. Salì con le zampe sulla calotta di plexiglass e abbaiò
al padrone.
Il volto di Okka era
diventato livido, con le labbra viola. Con una mano si teneva la gola, mentre con
la bocca cercava il respiro, come facevano i pesci che tirava fuori dall’acqua.
Ancora pugni e calci
contro il plexiglass, ma ormai avevano perso l’energia di poco prima; sembrava
che si agitasse al rallentatore.
Le mani di Okka
premettero in alto contro la plastica appannata dal proprio fiato, poi
scivolarono giù.
L’astrocamper con le
insegne della Lavinia Assicurazioni, prese la traiettoria del Quadrante
diciannove. Il Pianeta Azzurro diventò una sfera sempre più piccola.
A bordo, Rolf non aveva
ancora smesso di correre. Passava da una stanza all’altra della cosmonave.
Andava e veniva dal ponte di comando.
“Buongiorno, signore.”
“Buongiorno, signore.”
Okka aveva il volto
sfigurato in una smorfia orribile, con gli occhi fuori dalle orbite e velati da
una patina grigia. La bocca era aperta con il mento che toccava il petto. Le
unghie delle dita affondavano nel materassino ergonomico, e le gambe erano contratte
in posizione fetale, tutte storte rispetto al resto del corpo.
Avviso acustico.
“Si attendono ancora
disposizioni per la nuova rotta.” disse la voce vellutata di Lisa “Il signore
ha intenzione di intraprendere un nuovo viaggio intergalattico?”
Rolf le abbaiava contro,
come per chiederle aiuto.
“Prego ripetere nuove
disposizioni. Riconoscimento vocale non identificato.”
Il cane correva e
saltava da tutte la parti.
“Resto in attesa di
ulteriori delibere.”
Rolf continuava a
saltare facendo cadere alcuni oggetti dentro la stanza. Saltava e correva. Una
delle zampe del pastore tedesco finì per caso sul bottone verde della
pulsantiera. La calotta scorse con un cigolio sulle guide del comparto
Rolf si affacciò prima
sul comparto poi vi balzò dentro iniziando a leccare la faccia del padrone. Una
faccia fredda.
L’astrocamper continuò
ad andare alla deriva nello spazio, portandosi dietro gli echi dei latrati di
Rolf.
Davvero molto bello il racconto di Antonio: semplice, avvincente. Si legge d'un fiato fino alla fine. Scritto molto bene.
RispondiEliminaBel racconto, e molto inquietante, sulla nostra abitudine, brutta e crescente, di affidarci ai sistemi automatizzati. Conseguenze eclatanti come quella del racconto, per fortuna non sono frequenti. Ma siamo sicuri dei risultati che avranno su di noi tanti piccoli particolari che fanno già parte della nostra vita quotidiana?
RispondiEliminaRacconto intrigante, pieno di suspence, che contiene la simpatica idea dell'astrocamper. Rileggendolo, trovo conferma riguardo la densità di azione ben costruita e la capacità di trasmettere il senso dello spazio interplanetario. Un buon esercizio di fantascienza corposa con ironiche e amare allusioni ai pericoli dell'automazione. Secondo i canoni più classici della fantascienza. Bravo!
RispondiEliminaGiuseppe Novellino
Grazie a tutti.
RispondiElimina