
Timişoara, Romania, 1832.
Il
barone Brad Corneliu allontanò dalle labbra la coppa di cristallo e rimase a
osservare, alla tremula luce delle candele, il liquido denso e vermiglio in
essa contenuto. Poi volse lo sguardo verso il suo ospite inglese, il
giornalista Harold Mallory (del London Evening News), che sedeva a tavola alla
sua destra, con in mano un bicchiere di cherry.
«La
notte!» esclamò, pacato, il barone. «Solo la notte accoglie i nostri respiri,
vede le nostre figure aggirarsi nelle vie di paesi e villaggi in cerca di
sangue, necessario alla nostra esistenza… La luce del giorno, invece, ci
annienta; riduce a un mucchio di cenere il nostro esile corpo, dopo averlo
bruciato inesorabilmente; distrugge in pochissimi istanti una vita che dura da
secoli… Sia maledetta la luce del giorno!... L’esserne privi non rappresenta
per noi un motivo di angoscia.» Rimase un momento in silenzio, quindi, levando
gli occhi al soffitto, aggiunse, con voce ispirata: «Noi siamo i signori delle
tenebre, del cui triste colore ci vestiamo, ci ammantiamo. Al contrario, voi
esseri umani siete da esse atterriti… Ma è proprio di notte che i vostri cuori
pulsano più del dovuto, con gioia o dolore, per un sentimento che in fondo ci
accomuna: l’amore.» S’interruppe di nuovo. Bevve un piccolo sorso dalla coppa
di cristallo. Si asciugò le labbra con la punta del dito che lambì con la
lingua, voluttuosamente. Riprese: «Per amore godiamo o ci disperiamo come voi,
che per esso, a volte, rinunciate alla vita, specialmente quando le pene del
cuore diventano insopportabili al punto di rendere tetri e sgradevoli i vostri
giorni; per esso, talora, noi diventiamo fragili e vulnerabili, tanto da andare
stoicamente incontro al destino, nella luce più viva e accecante del giorno.»
Il barone Brad Corneliu rimase ancora in silenzio, quindi, dopo un sospiro: «La
mia adorata Brandusa, fedele compagna per anni, mi attende già cenere e io, tra
poco, a lei mi unirò.»
Portò
di nuovo la coppa alle labbra e bevve quanto restava del liquido denso, vermiglio.
Poi si alzò lentamente dalla sedia e, a piccoli passi, si avvicinò alla parte
centrale di una tenda, in fondo alla sala. Ne afferrò i lembi di due metà
accostate fra loro e, con rapido gesto, le allontanò l’una dall’altra,
dischiudendole.
La
luce del sole, filtrando attraverso una grande finestra, lo investì pienamente.
Brad
Corneliu rimase immobile, la testa china sul petto. Dopo qualche momento, si
volse verso il suo ospite inglese ancora seduto a tavola, lo sguardo attonito,
il bicchiere di cherry nella mano.
Ad
Harold Mallory parve di scorgere, sulle livide labbra del barone, un lieve
sorriso.
Corneliu
tornò a guardare la luce del sole, le braccia distese di lato, parallele al
pavimento, le mani che ancora stringevano i lembi delle metà della tenda.
Si
udì una lieve, ovattata esplosione sul suo corpo, che fu all’istante avvolto
dalle fiamme. Benché queste lo divorassero, egli non ebbe alcuna reazione, né
gridò dal dolore.
Stette
fermo, le braccia aperte, come in croce.
Con
la mente e il cuore pieni di orrore, Harold Mallory udì per l’ultima volta la
voce, ferma e tranquilla, del barone:
«Eccomi,
mia diletta Brandusa. Finalmente!... Tra poco saremo di nuovo insieme… Niente e
nessuno potranno separarci.»
Dopo di che il suo corpo,
ancora in preda alle fiamme, si accasciò lentamente a terra. Continuò a
bruciare per molto – emanando un puzzo nauseante – finché non divenne un
mucchio di cenere.
Per
tutto il tempo, il giornalista restò in uno stato di torpore, quasi paralizzato
sulla sedia. Infine si scosse e depose il bicchiere sulla tavola. Poi si alzò
e, con le gambe tremanti, compì qualche passo nella sala. Aveva sul volto un
pallore mortale.
Nel
silenzio assoluto gli parve di udire una voce soave di donna:
«Ti
aspettavo, mio amatissimo Brad. Il nostro destino è compiuto.»
A un
tratto dal mucchio di cenere, sul pavimento, si alzò in volo, con rumore appena
percettibile, qualcosa di piccolo e scuro che andò ad aggrapparsi a una trave,
in un angolo buio del soffitto.
Ad
Harold Mallory parve un pipistrello.