Josy diede un’ultima occhiata fuori
della finestra. La luce verde stava a indicare che su Plutone mancava meno di
mezz’ora al calare della sera e il tramonto avrebbe portato con sé il momento
della verità. Un lungo sospiro per cercare di calmare i nervi, ma senza grandi
risultati. Presto la ragazza avrebbe sentito il suono della sirena, un suono
che avrebbe echeggiato per tutto il palazzetto intergalattico dello sport e
avrebbe indicato l’inizio delle gare.
Maya, madre di Josy e sua allenatrice,
entrò nel camerino e le si avvicinò con
fare sicuro. Il viso della donna era una maschera arcigna, i suoi occhi erano
impenetrabili e fissava la figlia come se fosse una persona qualsiasi e non
sangue del suo sangue. Non era mai stata una mamma amorevole, se ne rendeva
conto, ma era certa di aver comunque fatto un ottimo lavoro, sapeva che sua
figlia aveva bisogno di essere temprata per poter dare il massimo. In questa
fase della sua vita la sua Josy aveva bisogno di una guida, di una valida
allenatrice. Avrebbero avuto tempo per le smancerie madre e figlia, ma solo
dopo che Josy fosse riuscita ad aggiudicarsi la medaglia con il cuore di
plutonio. Il trofeo intergalattico di pattinaggio su vetro era una competizione
per cui allenava la sua bambina fin da quando Josy aveva compiuto il primo
periodo di rivoluzione orbitante attorno al Sole e così, a soli
duecentoquarantotto anni le aveva comperato i suoi primi pattini per vetro e
glieli aveva infilati di prepotenza ai piedi senza chiederle se fosse una cosa
che le piaceva o meno.
Josy non aveva mai avuto scelta, si era sempre
sentita intrappolata dai desideri di una madre ambiziosa che aveva fallito il
suo sogno e adesso cercava riscatto puntando tutto su di lei.
- Allora? Sei pronta? Hai già fatto i tuoi
esercizi di meditazione? Pensi che questo make up sia adeguato? - le domandò la
donna corrugando la fronte e mostrandole un’espressione ancor più
intransigente.
Josy si limitò ad annuire. Sapeva di aver
lavorato sodo, sapeva di essere brava, ma il suo numero era frutto solo del suo
impegno, non di una reale attitudine per quello sport. Lei non era uno di quei
talenti innati che infilano i pattini e facevano scintille. Diede uno sguardo
alla locandina e non poté fare a meno di scuotere il capo mentre guardava le
fotografie delle altre concorrenti. Alla gara si erano iscritte Mruska detta la
trottola, campionessa degli ultimi mondiali di Venere; Amaranta, conosciuta da
tutti come la fata del vetro proveniente da Mercurio. Ma quelle che la
impensierivano più di tutte erano le sorelle Cassandra e Jessica da Giove.
- Bene - convenne la mamma prendendo dalla
console il pennello da trucco e dandole un ultimo colpo di luce per accentuare
il suo bel colorito argenteo. I capelli color porpora erano stati raccolti in
un nodo semplice, ma curato e fissati con tanta di quella resina che non si
sarebbero mossi neppure se fosse arrivata una tempesta di meteoriti. - Prendi
una di queste - disse poi alla figlia allungandole una piccola confezione nera
dove due fialette facevano bella mostra di sé. Ognuna conteneva uno strano
liquido ambrato molto denso. - Dovrai prendere una di queste circa dieci minuti
prima dell’esibizione.
- Di cosa si tratta? - domandò sgranando gli
occhi preoccupata. Non poteva credere che sua madre fosse disposta a spingersi
tanto in là pur di farle ottenere la vittoria. - Dimmi che non è quello che
penso?!
- Oh, avanti, non fare la piagnucolona, Josy. È
un prodotto sicuro. Sono mesi che ci sto lavorando e posso garantirti che ho
avuto modo di vedere che è davvero un portento. Nessuno riuscirà a batterti, ma
soprattutto nessuno sarà in grado di scoprirti quando ti faranno le analisi.
Qui dentro c’è una sostanza di tonico mentale per la concentrazione, uno
stimolante per aumentare le tue capacità fisiche e un pizzico di equilibrio. La
mia laurea in biogenetica ha dato i frutti che ho sempre sognato.
- Oh…io… mamm… - stava per protestare la
ragazza, ma la donna sollevò un braccio e con lo sguardo le intimò di tacere.
- C’è troppo in gioco, non lo capisci, razza di
stupida che non sei altro! Non vuoi vincere?
- Sì, ma voglio farlo onestamente - rispose lei
raddrizzando le spalle e fissando la madre con aria fiera. Lei non era una
disonesta.
- Vinci questa gara per me, portami a casa quel
dannato trofeo e ti giuro che ti lascerò libera. Una fiala per la gara e
l’altra per domani in caso di ex aequo con altre concorrenti.
Vinci per me e potrai ritirarti dalle gare anche subito dopo il concorso.
Josy non poté credere alle sue orecchie. Sarebbe
stata libera, finalmente libera dopo tanti anni di lavoro, sgridate,
inflessibilità. Avrebbe finalmente avuto del tempo per se stessa, anzi meglio,
si sarebbe iscritta al college più lontano che conosceva e se ne sarebbe andata
di casa una volta per tutte.
- Lo farò, ma a una condizione.
Maya la fissò senza parlare. Stava aspettando di
conoscere le condizioni della figlia, ma le sapevano entrambe che le avrebbe
concesso qualsiasi cosa in cambio della vittoria.
- Devi promettermi che non ti rimangerai la
parola e che mi lascerai libera di riprendere gli studi.
- E sia! - confermò allungandole la mano e
stringendola con energia. Le due donne si studiarono ancora per qualche
istante, poi Maya si avviò all’area riservata agli allenatori, mentre Josy
restava in camerino e fissava la sua immagine allo specchio. Quando si sarebbe
rivista non sarebbe stata più la stessa, sarebbe diventata una bugiarda
arrivista, ma sarebbe anche stata libera.
Senza rimuginare ancora prese entrambe le fiale
e le infilò nello scollo del costume, poi si avviò ai monitor per osservare le
esibizioni delle sue colleghe. Erano tutte davvero molto brave, ma lei avrebbe
vinto. Era determinata a portare a casa quel maledetto premio. Uno sguardo
all’orologio. Mancavano poco meno di dieci minuti prima della sua esibizione.
Stando attenta a non farsi vedere prese una fila
e ne bevve il contenuto. Era viscido e dal sapore ripugnante eppure a lei parve
buono, forse perché era la chiave per la salvezza.
Entrò in pista Amaranta, con quella sua grazia
innata. Scivolava sul vetro mentre le lame di diamante dei suoi pattini
facevano vorticare attorno a lei una delicata polverina scintillante. Era stata
data come favoriva e Josy non ne era affatto sorpresa, quella mercuriana era
davvero favolosa. Forse aveva sopravvalutato le gemelle di Giove, forse era
Amaranta il nemico da battere. Chissà se fosse riuscita a vincere subito quel
giorno? No, niente spareggio, niente sconfitte si disse Josy afferrando anche
l’altra fiala e bevendone il contenuto. La sua felicità valeva più di qualsiasi
coppa, medaglia o regola e lei voleva afferrarla quel giorno stesso.
Pochi istanti e toccò a lei. Entrò in pista e
iniziò a pattinare con una grinta e una lucidità che non aveva mai avuto prima.
Tutto era semplice e chiaro. Aveva una coordinazione, una leggiadria, una
lucidità sconvolgenti, proprio come le aveva detto sua madre. Stava per
terminare la sua esibizione con una serie di due Salchow e avrebbe chiuso con
un quadruplo Axel quando avvertì una terribile fitta che dallo stomaco le
risalì fino alla gola. Sopraffatta dal dolore Josy si accasciò a terra e iniziò
a urlare e a contorcersi sotto lo sguardo sgomento del pubblico.
Le sue braccia iniziarono ad allungarsi e ad
assottigliarsi, mentre sentiva le lame del pattini che le si conficcavano nei
piedi incorporandoli come se fossero improvvisamente diventati parte del suo
corpo. Anche il costume di scena iniziò a fondersi con la sua pelle. Il dolore
era insopportabile, il suo respiro sempre più stentato e davanti ai suoi tutto
stava diventato sfuocato e confuso.
Sua madre le fu accanto in pochi istanti.
- Che hai fatto? Cosa hai fatto, stupida che non
sei altro? Hai preso entrambe le fiale non è vero? - urlò schiaffeggiandola.
Non provava nessun dolore per sua figlia, solo furia, rabbia. - Ora dovrò
ricominciare tutto daccapo! - Strillò. Quando si voltò vide che molte persone
si erano avvicinate a lei a alla figlia, inclusi i medici e la polizia. Maya si
scostò per farli passare così che potessero visitare la ragazza, ma anche
perché doveva trovare il modo di mescolarsi alla confusione per lasciare il
palazzetto e scomparire dalla circolazione. Avrebbe trovato altrove un’altra
ragazza da allenare, pensò mentre si tirava il cappuccio della tuta fin sopra
la testa e lo chiudeva. A testa bassa camminò fino all’uscita, salì su un taxi
e diede al conducente l’indirizzo dello spazioporto, partenze intergalattiche.
Josy venne trasportata d’urgenza all’ospedale
per mutanti. Dopo diversi giorni venne dichiarata fuori pericolo e trasportata
in una stanza comune dove si trovò davanti tre ragazze dall’aspetto e le
menomazioni simili alle sue.
Una di loro le si avvicinò, le sorrise e le
porse la mano.
- Ciao, sono Selena. A quanto pare Maya ha
colpito ancora - disse mesta scuotendo il capo in segno di disapprovazione. - Anche
tu sei stata reclutata dopo una serie interminabile di prove e competizioni?
- No, io ero semplicemente sua figlia. Piacere,
sono ciò che è rimasto di Josy.
È con grande piacere che pubblichiamo il presente racconto. Innanzitutto perché è molto avvincente; secondariamente poiché è opera di una scrittrice. Finalmente una voce femminile (oltre a quella di Giuliana Acanfora) nel mondo della fantascienza di Pegasus SF. Annalisa è, soprattutto, una valida scrittrice di genere fantasy, ma quando si cimenta con la fantascienza la sua bravura non è da meno. Spero che ci invii altri racconti di science-fiction, in particolare – come il presente – di space opera.
RispondiEliminaNella sua breve descrizione ci ha trasportato in un mondo che sembra conosciamo già perfettamente, come se avessimo letto capitoli precedenti. Incredibile nella descrizione dei sentimenti di Josy e di come Maya sia il vero mostro.
RispondiEliminaGrazie a Paolo che, benché io non sia molto ferrata in questo genere, ha deciso di darmi fiducia e di pubblicare questo mio secondo racconto fantascientifico e grazie anche ad Anonimo per il bel commento.
RispondiEliminaIn effetti, dal punto di vista strettamente fantascientifico, il racconto è un po' forzato. Nel senso che gli elementi in esso contenuti non giustificano appieno l'ambientazione.
RispondiEliminaPer il resto però si tratta di un racconto molto interessante, scritto bene, con una struttura fluida. Il punto di forza però, a mio avviso, è il realismo dell'analisi psicologica, col suo riferimento a un certo atteggiamento genitoriale che raramente (per fortuna) raggiunge i livelli mostruosi della narrazione, ma che è decisamente più frequente di quanto non possa apparire a uno sguardo distratto.
Sauro Nieddu
Racconto pieno di brio, bene impostato nello scavo psicologico dei personaggi. E' scritto molto bene e si legge con molto piacere.
RispondiEliminaGiuseppe Novellino
quando inizio a leggere q.sa scritto da te mi sembra di trattenere il respiro e leggerlo tutto d'un fiato perchè con te non si legge le cose scritte si vivono, i personaggi si identificano...sei una magica scrittrice !!
RispondiEliminaUn racconto interessante, vivace e molto piacevole da leggere.
RispondiEliminaGrazie mille a tutti e, dato che sono ancora molto inesperta in questo genere di narrazione, volevo ringraziare Sauro per i preziosi consigli.
RispondiEliminaA presto
Annalisa