martedì 6 agosto 2013

IL BALLO DEI FANTASMI di Massimo Licari

                       
La strada da Napoli a Massa Lubrense è generosa di panorami che vorrei immortalare con la mia Nikon. Scie bianche di barche e traghetti spezzano il blu del mare. Riesco a vedere, tra una curva e l’altra, Ischia, laggiù, accanto alla piccola Procida.
Mi fermerei volentieri accanto a uno dei numerosi terrazzi che si affacciano sulla scogliera per godere dei profumi e dei colori di questa parte di costa, ma sono atteso dal conte e non voglio farlo aspettare.
Attraverso Sorrento, piena di vita in questa torrida estate, e mi avvio alla meta, non molto lontana da qui.
Dopo una serie di curve che si snodano verso la cima della collina, arrivo a Massa, accolto da festosi striscioni annuncianti le prossime sagre in programma.
Svolto a sinistra e la strada scende rapidamente verso la parte bassa del paese. So che si allunga fino al piccolo porto tre o quattro chilometri più in basso.
Seguo attentamente le precise istruzioni dettatemi dal conte in persona e infine arrivo, dopo aver percorso metà della via per il mare.
Un basso cancello delimita la villa, cui si può accedere per una stretta scala o attraverso l’ampio garage, nascosto da due serrande elettriche.
Non ho bisogno di avvisare del mio arrivo: appena accosto a destra, una delle due serrande comincia a salire permettendomi di accedere al grande garage.
Entro con cautela per lo stretto passaggio e posteggio l’auto accanto a una vecchia barca e a una più moderna Mazda RX8.
Mentre la serranda ripercorre lentamente la sua breve corsa, chiudendo fuori il caldo e il sole di agosto, vedo fermarsi al piano l’ascensore di vetro che mi porterà al terrazzo di sopra.
Constantin, il maggiordomo, mi accoglie con un leggero sorriso.
«Benvenuto dottore» mi dice con un lievissimo inchino. «Il conte l’aspetta nel salone».
Conobbi il conte Giordano un anno e mezzo fa, complice una comune amica che mi aveva invitato alla festa di laurea del figlio più piccolo.
Con lui ebbi una simpatica conversazione, sui segreti del celebre limoncello che popola tante vetrine di questo angolo d’Italia.
Ero incuriosito dal suo titolo nobiliare, portato con leggerezza ma che emanava da ogni fibra del suo essere.
Alto poco più di un metro e ottanta, lo ricordo fisicamente imponente, con una leggera pancetta, e audace con i suoi lunghi capelli brizzolati raccolti in una coda da un fiocco nero. La barba ben visibile ma non lunga, ne aumentava, se possibile, il suo fascino.
Quando gli avevo confidato che per passione ero un cacciatore di fantasmi, mi aveva raccontato una storia intrigante, legata alla sua «dimora estiva», nella quale a fare da protagonisti erano strani accadimenti: rumori, oggetti spariti e apparsi nuovamente qualche giorno dopo in luoghi diversi, zone d’ombra e di freddo improvviso. I paesani narravano di amori, tradimenti e omicidi consumati nella ottocentesca villa e di anime che la popolavano, inconsolabili e dispettose.
Mi confessai curioso e lui, gentilmente, mi invitò, anche se tenne a precisare che non era mai stato testimone di simili fenomeni. Soggiunse: «Ciò che si dice in giro deve sempre essere ascoltato con spirito critico e mai accolto a braccia aperte».
E ora, a distanza di quindici mesi, ho deciso di fare onore al suo invito.
Il breve tragitto dell’ascensore termina sul terrazzo sovrastante il costone della collina rocciosa che si tuffa in mare, qualche centinaio di metri più in basso.
Da qui Ischia sembra più vicina, anche se appare leggermente indistinta nella foschia che sale dal mare per effetto del calore del sole.
Attraversiamo il terrazzo e percorriamo lo stretto corridoio accanto al grande agrumeto colmo di alberi di limoni. Alcuni frutti fanno bella mostra di sé, gialli, pesantemente appesi agli esili rami. Ma quelli che daranno profumo e sapore al limoncello, sono appena apparsi, piccoli e verdi. Il conte mi ha spiegato che sarà il raccolto di novembre a produrre il caratteristico liquore.
Ci accoglie Zeus, uno splendido pastore Maremmano, affettuoso e festaiolo, credo assolutamente incapace di far da guardia alla casa.
Entriamo all’interno della villa da una porta che conduce direttamente alla grande cucina. È una porta di servizio, mi spiega Constantin, l’unica utilizzabile senza pesanti lavori di ristrutturazione.
L’enorme sala è sontuosa, impreziosita da antichi ritratti e numerosi oggetti preziosi custoditi in pesanti credenze antiche.
Il conte mi saluta calorosamente e per il resto della giornata mi intrattiene con piacevoli conversazioni spaziando dalla situazione politica ai gustosi cibi tipici campani.
La serata si conclude piacevolmente con il celebre liquore prodotto con i limoni del suo giardino.
Gli chiedo, incapace di dominare la mia curiosità, se altri avvenimenti hanno scosso la sua tranquillità, ma lui scrolla le spalle e, con un sorriso malizioso, mi invita a non credere a tutte le storie che si raccontano.
Un po' deluso, mi preparo per la notte, nella stanza degli ospiti.
Affacciandomi alla finestra, scopro che posso vedere gran parte dell’agrumeto e la cuccia di Zeus proprio sotto i miei occhi.
Dopo qualche minuto il sonno ottenebra i sensi, nonostante la calura.
Mi sveglia un continuo abbaiare che proviene dalla finestra aperta.
Guardo l’ora. Le tre del mattino, l’ora delle streghe e dei fantasmi.
Mi alzo e vedo Zeus che insiste nel suo abbaiare. Non sembra spaventato o innervosito, perché non ringhia e nemmeno arretra. Fissa come divertito (ma forse è una mia personale interpretazione) un punto imprecisato dell’agrumeto di fronte a me.
Socchiudo gli occhi, cercando di intravedere la fonte del suo abbaiamento, ma non scorgo nulla.
Dopo qualche istante trotterella verso quel punto che osservava attentamente e, continuando ad abbaiare e scodinzolare, comincia a saltare e a girare in tondo.
È come se qualcuno lo istigasse a prendere un oggetto che gli fa penzolare davanti al muso. Salta e gira in tondo, ritornando alla carica nel tentativo di afferrare qualche invisibile pallina.
Sembra quasi una danza. Una danza di fantasmi, dico a me stesso.
Il gioco continua per oltre mezzora e poi, così come è cominciato, finisce improvvisamente, lasciando Zeus immobile nel mezzo del giardino.
Ancora qualche minuto e lui torna a sdraiarsi nella sua cuccia, a me sembra, con mestizia.
Quando la mattina riferisco al conte quel che è successo nella notte, lui si limita a sorridere.
«Mi deve scusare, ma ho il sonno molto pesante» mi dice, aggiungendo che forse il cane inseguiva qualche falena.
Lo guardo dubbioso e lui, continuando a sorridere, mi dice: «Non voglio dare alcun credito a queste leggende. Sono storie di paese, divulgate ad arte da chi vuole abbassare la quotazione degli immobili.»
Non otterrò altro, lo so.
La mia visita si conclude nel tardo pomeriggio. Prendo congedo dal conte e, passando accanto a una rivendita di liquori a Massa Lubrense, vedo un manifesto che pubblicizza un limoncello chiamato «Lacrime d’agosto». Senza nemmeno chiedermi perché, entro e ne acquisto una bottiglia.
Rispondendo alla mia domanda sull’origine del curioso nome del liquore, la vecchina dietro il banco mi spiega che la leggenda narra di una storia tragica accaduta un secolo e mezzo fa in una grande villa lì vicino.
Il due agosto del 1863 il nobile proprietario della villa organizzò una festa nel suo giardino. Vi furono canti e balli fino a notte inoltrata. Il mattino successivo gli abitanti della casa vennero trovati uccisi. Nel centro dell’agrumeto c’era un grande albero di limoni che era maturato improvvisamente in una sola notte. Dissero che la sofferenza di quell’albero, costretto ad essere muto testimone di quegli avvenimenti, si era trasformata in frutti maturi. Fecero un liquore delizioso con quei limoni, che decisero di chiamare «Lacrime d’agosto».
Ringrazio la vecchina per il racconto e mi avvio verso la strada del ritorno.
Penserei a un’altra leggenda creata per vendere liquore se oggi non fosse il tre di agosto.

2 commenti:

  1. Racconto suggestivo, d'atmosfera... da leggersi sotto un pergolato, sorseggiando un bicchierino di limoncello. Bella storia di fantasmi, raccontata con brio.

    Giuseppe Novellino

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  2. Seducente. Mi ha tenuto incollato al video ininterrottamente, sino alla fine.

    Antonio Ognibene

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